Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confrontarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo”.

Ciò ha affermato Papa Francesco il 12 aprile 2020, in piena emergenza, solo in Piazza San Pietro a Roma.

Una dimensione nuova per tutti.

I diritti non vanno negati, anzi devono trovare maggiore tutela.

La diffusione del virus è il mare in tempesta; la tutela dei diritti è il faro che conduce fuori dalla tempesta.

Si propongono dunque alcuni interventi che mirano solo a favorire il ragionamento.


Il tema della responsabilità civile – intesa in senso stretto ma anche in senso lato, come responsabilità dei cittadini – si potrebbe definire come speculare e corrispettivo rispetto ad un altro tema attualissimo e già oggetto di ampio dibattito, ossia la forma, il contenuto e la legittimità delle norme emanate in queste settimane quali forma di prevenzione e contrasto del nuovo coronavirus.

Se da un lato, infatti, non vi è dubbio sulla necessarietà di un dibattito pubblico rispetto alle scelte operate dal governo, dall’altro bisogna giustamente sottolineare l’importanza dei cittadini – per rendere meglio l’idea, dei consociati – nella comprensione e nel superamento di questa fase critica.

Tutti i cittadini hanno certamente subito una repressione, o quanto meno una compressione, dei propri diritti, il tutto giustificato da una necessità sanitaria da considerarsi preponderante rispetto a molti altri diritti e libertà fondamentali, quali la libertà di movimento e di associazione.

Come giustamente sottolineato da più parti, difficilmente questa lesione dei nostri diritti sarebbe stata accettata in altri contesti e in altre epoche. Tuttavia, i consociati hanno accettato, per lo meno nella maggior parte dei casi, questa condizione, forse più per timore che per effettiva comprensione della situazione.

Come detto in precedenza, però, non è sufficiente una mera accettazione passiva della situazione: come ai governi si richiede un passo in più – una progettazione sistematica del futuro, una maggiore attenzione alle situazioni socialmente più complesse, una maggiore sensibilità generale – lo stesso si richiede ai cittadini, alle persone comuni, ai membri più importanti della nostra società – la base della società.

Il primo passo nello schema evolutivo richiestoci in quest’epoca è stato fatto, anche se un dibattito serio e consapevole non ha ancora preso piede.

Il secondo passo riguarda le fake news e la correlata capacità di discernere i dati di fatto dalle opinioni, o, addirittura, dalle falsità. Impossibile pensare di poter correggere un ormai atavico difetto – l’ignoranza – nell’arco di pochi mesi.

Il terzo passo dovrebbe riguardare un aspetto successivo e più complesso dei primi due citati; più complesso perché non si richiede più una accettazione passiva degli ordini, ma una partecipazione attiva e compatibile con le necessità sanitarie (nonché economiche).

Il tema della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c. e del fondamentale e fondante principio di solidarietà di cui all’art. 2 della nostra Costituzione pare collaterale rispetto a quanto scritto fino ad ora. Nondimeno, non si può fare a meno di evidenziare il carattere prettamente solidaristico e responsabile del comportamento di quei cittadini consapevoli, i quali non solo accettano le disposizioni (pur discutibili nel contenuto e nella forma) delle autorità, abituandosi ormai ad un complesso di diritti e libertà personali fortemente compromesso, ma si fanno carico di un onere in più – un obbligo, a dir la verità – nei confronti di tutta la società.

L’art. 2 della Costituzione recita quanto segue:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Dott. Stefano Rossini

Nell’attuale situazione emergenziale le questioni giuridiche e non che assumono rilievo sono certamente molte e di natura per lo più complessa.

Soffermandoci sui doveri costituzionali dei consociati, di rilievo è sicuramente l’art. 2 Cost. il quale non si limita a riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo (nella prima parte) ma altresì contestualmente “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In tema di solidarietà citiamo la sentenza della Corte Costituzionale n. 75 del 1992, la quale ha precisato sul punto che il principio di solidarietà è posto dalla Costituzione “…tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito (…) dall’art. 2 della Carta Costituzionale come base della convivenza sociale…”.

Dunque, alla base di una convivenza sociale pacifica possiamo annoverare, tra i vari diritti (politici, economici, e sociali) il diritto sociale alla salute collettiva; diritto alla salute che lo Stato ha effettivamente provato a tutelare, attraverso l’emanazione di vari decreti, di cui abbiamo sentito parlare attraverso bombardamenti mediatici sin dal mese di Marzo (basti pensare all’art. 83 del decreto Cura Italia in materia di rinvio udienze e sospensione termini, che trova appunto il suo fondamento, sotto tale punto di vista, nell’art. 2 Cost.: dovere di solidarietà sociale di tutela della salute pubblica). Specularmente, la tutela di tale diritto sociale, necessita l’adozione di doveri di solidarietà sociale, attraverso limitazione della propria libertà, prima tra tutte la libertà di circolazione del cittadino sul territorio (notare che tra l’altro l’art. 16 Cost. già consente tale limitazione per ragioni di sanità).

Ed è in tale situazione che può assumere molta rilevanza la responsabilità civile per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c.: responsabilità del cittadino per aver violato prescrizioni limitanti i propri diritti (in particolare economici e politici) momentaneamente compressi per adempiere al principio di solidarietà sociale costituzionale, ai fini della tutela alla salute pubblica.

Aldilà della ricostruzione orientata dal principio costituzionale della solidarietà sociale, ha carattere fondamentale ricevere risposte il più certe possibile da parte della comunità scientifica sulle cause della diffusione del nuovo virus nelle comunità “umane” e su come prevenire futuri scenari di altri virus o di disastri ecologici.

È in questa sede che i mass media hanno un vero e proprio obbligo di approfondire questioni non solo politiche, ma anche eminentemente scientifiche, tali da poter far adottare ai consociati comportamenti autoresponsabili, senza dunque passare necessariamente attraverso l’adozione di leggi che impongano limitazioni definitive o compromissioni provvisorie di diritti, per giunta di rilievo costituzionale.

Si richiama a tal fine l’art. 4 della Costituzione, il quale può essere posto a fondamento dell’attuale dovere di informarsi secondo scienza del singolo consociato, e che afferma quanto segue: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere (…) una funzione che concorra al progresso (…) materiale o spirituale della società”. Come può non essere considerata una funzione di progresso materiale, e soprattutto spirituale (nel senso di ciò che è eticità e verità) una corretta informazione del singolo? Questo vale ancor di più in un’epoca storica che si fonda sull’incertezza, economica e politica.

È chiaro che, per esplicare questa funzione, anche lo Stato dovrebbe avere un ruolo più incisivo nel “controllo”, per così dire, dell’informazione, attraverso ad esempio lo stanziamento di fondi finalizzati alla ricerca, alla promozione ed alla diffusione delle conoscenze scientifiche.

Dott. Marco Sgrò