“Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non veder la cosa che non piace, ma non per veder quella che si desidera.(da “Storia della colonna infame” di A. Manzoni).

Obbligo di usare le mascherine, obbligo del distanziamento sociale, regime di clausura in casa: alcuni degli accorgimenti individuati per la tutela della salute, individuale e collettiva, che incidono su diritti costituzionali, in altra epoca non sarebbero stati accettati da nessuno.

Per la tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.) si limitano altri diritti fondamentali, fra cui, appunto, il diritto costituzionale di muoversi e di incontrarsi con altre persone – allo stato attuale sospeso, o quasi.

Fra qualche giorno si celebrerà il 25 aprile, che (tutti) quei diritti esalta e difende.La compressione di diritti fondamentali tutelati costituzionalmente deve necessariamente avere un inizio e una fine: è inaccettabile, tanto per il giurista quanto per il cittadino, non sapere quando queste misure restrittive cesseranno, poiché impediscono al lavoratore di lavorare e all’imprenditore di fare impresa.

Il termine previsto nella dichiarazione di emergenza sanitaria, assunto dal consiglio dei ministri e successivamente ratificato dal parlamento, è quello del 30 giugno; tale termine non deve essere vanificato dalla mancanza di azione.

Il contagio deve cessare e le misure per il suo contenimento devono essere efficaci, al contempo prevedendo che le misure limitative e/o contenitive cessino.

Ci si è già espressi sulle misure giuridiche adottate dal Governo e sulla mancata utilizzazione delle previsioni del codice penale vigente; si rimanda in particolare all’articolo del prof. Neppi Modona: https://www.ildubbio.news/2020/04/01/quei-decreti-la-grande-confusione/?fbclid=IwAR0sbetQgcq4wL6wbIZfwkbooppnJ5tWBS46Q27jpL4ztl9II05W95Xu03o

Ma cosa prevede il nostro ordinamento?L’art. 452 c.p. (Delitti colposi contro la salute pubblica) prevede una fattispecie colposa in relazione alla commissione di alcuni specifici reati dolosi previsti dal Codice Penale, ossia i reati previsti dagli artt. dal 438 al 445 c.p.

Perché si concretizzi il reato di cui all’art. 452 c.p. è dunque sufficiente che vi sia stata colpa del soggetto agente, non essendo necessario un comportamento doloso dello stesso.

Il comportamento colposo è da intendersi quale connotato da imprudenza (ovvero mancanza di ponderazione e di un’adeguata valutazione degli interessi altrui), imperizia (imprudenza qualificata, propria di coloro che hanno conoscenza tecniche specifiche) o negligenza (mancanza di attenzione nel compimento di un’azione) in relazione all’attività in concreto svolta, commisurata al modello di diligenza media.In particolare, chiunque, seppur inconsapevolmente, diffonda il germe patogeno di questa epidemia virale, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Cosa succederebbe, invece, se un soggetto infetto tenesse consapevolmente un comportamento tale da portare al contagio di un numero indeterminato di persone?

Analizzando la norma sul reato di epidemia nel dettaglio, si evince che, affinché sussista la responsabilità penale, si richiede che quest’ultimo agisca con dolo generico, ma è stato ritenuto sufficiente dalla dottrina il dolo eventuale.

La caratteristica fondamentale del dolo eventuale è il fatto che il soggetto, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che ne conseguirebbero, accetta che il fatto possa verificarsi.Il soggetto animato da dolo eventuale agisce “costi quel che costi”, mettendo in conto la realizzazione del fatto (cfr. Cass. Sez. U., 30 marzo 2010)Altra ipotesi che possa prevedere, in via di prevenzione, una efficace azione di contrasto alla diffusione del virus è quella prevista dall’art. 260 del RD 27/07/1934, n. 1265 (c.d. leggi sanitarie).

La norma punisce “Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo”.

La norma cennata è stata recentemente modificata dal DL 25.03.2020 n. 19, nel senso di un inasprimento sia della pena detentiva che di quella pecuniaria: ora, infatti, si prevede la sanzione dell’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro.