Disposta la chiusura delle attività commerciali (e non), può applicarsi la cosiddetta impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione, di cui all’art. 1256 cc.

Il divieto di esercitare l’attività determina infatti l’impossibilità per il conduttore di godere del bene l’immobile; la mancanza degli incassi determina l’impossibilità di pagare i canoni, per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria.

Pertanto, in applicazione della disposizione, il conduttore “non è responsabile del ritardo nell’adempimento”; si tratta però di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione, che invece potrà avvenire solo qualora l’impossibilità perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo a corrispondere la prestazione del canone.

Al contrario, dal momento in cui l’impossibilità cessi, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti.L’art. 91 del DL 18/2020 (Decreto Cura Italia) introduce una disposizione che prevede le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal “rispetto delle misure di contenimento”, precisando che tale situazione “è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno) c.c.” e ciò in relazione a “eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti”.

A ben vedere, tuttavia, tale disposizione ha un mero valore rafforzativo delle disposizioni dell’ordinamento che lo stesso art. 1218 richiama direttamente; si tratta proprio delle disposizioni di cui agli artt. 1256 c.c. (impossibilità definitiva o temporanea) e 1258 c.c. (impossibilità parziale).

Ciò sia in relazione all’argomento, relativo al pagamento del canone, sia in ordine a tutte le diverse e variegate possibilità di inadempimento che derivino dal rispetto delle disposizioni limitative che l’emergenza sanitaria ha imposto.

Vediamo, esemplificativamente, delle ipotesi.

Volendo considerare la posizione dei conduttori di immobili ad uso diverso (ossia non abitativo), che, a causa dell’epidemia, chiedono la riduzione del canone, si possono ipotizzare le seguenti soluzioni giuridiche, nessuna delle quali, tuttavia, potrebbe soddisfare appieno l’aspettativa del conduttore in relazione alla prosecuzione dell’attività:- la prima ipotesi è prevista dall’art. 27 della L. 392/78 per cui, per gravi motivi, il conduttore può recedere con preavviso di 6 mesi; ciò tuttavia comporterebbe la cessazione definitiva dell’attività mentre il canone rimarrebbe il medesimo sino al rilascio.

Inoltre bisogna pur sempre valutare che si tratta, per ora, di una situazione temporanea.- altra ipotesi è quella della “impossibilità parziale sopravvenuta”, prevista dall’art. 1464 cc; tale disposizione prevede la possibilità della riduzione del canone.

Tuttavia, si deve considerare la vicenda del Coronavirus come “prestazione del locatore divenuta solo parzialmente impossibile”. In tale situazione, si ritiene violato l’obbligo del locatore di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l’uso contrattualmente stabilito ai sensi dell’art. 1575 cc.

Inoltre, anche in questo caso, va considerato che la situazione di “impossibilità sopravvenuta parziale”, allo stato, non ha le caratteristiche della definitività;- ulteriore caso è quello della “eccessiva onerosità sopravvenuta” ai sensi dell’art. 1467 cc.

Tale soluzione, tuttavia, potrebbe determinare solo la pretesa di risoluzione del contratto da parte del conduttore.

Ciò sempre che il locatore, di fronte alla richiesta risoluzione, non “offra di modificare equamente le condizioni del contratto.”

Anche in questo caso vanno considerati la non definitività della situazione di crisi che determina l’eccessiva onerosità ed il fatto che vi è il rischio di risoluzione del contratto e, pertanto, di cessazione dell’impresa;- un’altra ipotesi è quella della impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta (canone) quando la stessa sia divenuta impossibile solo in parte; ciò ai sensi dell’art. 1258 cc.

In questo caso il conduttore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. Anche qui, tuttavia, deve considerarsi che l’impossibilità parziale, allo stato, non è definitiva.

Superata l’emergenza, infatti, l’immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile;In conclusione, salve tutte le riserve ed indicazioni date, appare difficile sostenere il diritto del conduttore ad un’automatica riduzione del canone.

A questo punto, pertanto, qualora si voglia perseguire quel risultato non rimarrà che:a. chiedere, per le vie ordinarie, la riduzione del canone quantomeno per il periodo di crisi e concordare ciò in via amichevole e transattiva con il locatore;b. nel caso di rifiuto del locatore (mantenendo il pagamento del canone vigente ad evitare eccezioni di risoluzione del contratto), il conduttore potrà convocare lo stesso in mediazione.

Trattandosi di una possibile controversia di tipo locativo, infatti, prima dell’eventuale giudizio è obbligatorio esperire tale procedimento come previsto dal D.Lvo 28/10;c. nel caso di fallimento della mediazione, non rimane che la via giudiziale sostenendo una delle ipotesi formulate in precedenza quale quella della impossibilità parziale sopravvenuta o le altre indicate.

L’analisi sopra esposta non ha, evidentemente, alcuna pretesa risolutoria, ma vuole essere un piccolo contributo alla soluzione dei grandi problemi sociali ed economici che la pandemia, inevitabilmente, ha provocato.